Innanzitutto: il palese contrasto tra due elementi posti a tutela dall’Art. 9, uno dei due aggiunto recentemente nel terzo comma. Nella stesura della Costituzione i Padri Costituenti non procedettero a tentoni. Soppesarano ogni termine, la cui “densità” ha fatto sì che i primi 12 artt. rivestissero il ruolo di pietre miliari della Repubblica Italiana. Nell’Art. 9 viene riconosciuta la “tutela del paesaggio, del patrimonio storico e artistico della nazione”, in questo modo aspetti peculiari del paese venivano promossi a fattori di identità nazionale. Il “bel paese” di Dante, Petrarca e Boccaccio era tale perché sommava tradizione culturale, artistica e paesaggistica attribuendo “culturalità” al paesaggio. Non solo, la Costituzione contiene già tutto quanto necessario per legiferare in materia di ambiente. L’Art. 32 non parla esplicitamente di tutela della salute? E qual è la principale implicazione del cambiamento climatico e dell’incremento delle emissioni inquinanti se non una minaccia per la salute? L’inutilità della modifica dell’Art. 9 si evidenzia dal richiamo esplicito all’ambiente già contenuto nell’Art. 117, a sua volta frutto della modifica del Titolo V. L’Art. 117 – lettera s (tra i compiti dello Stato): “tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali”. In questa inutile manomissione l’aggiunta all’Art 9 di “tutela l’ambiente” rischia di generare un conflitto insanabile tra “paesaggio” e “ambiente”. Cosa sarebbe del bel paesaggio nella foto se fosse popolato da una distesa di pale eoliche o da una sterminata estensione di pannelli solari? E cosa dire della tutela della “biodiversità” e degli “ecosistemi” pur introdotti e compresi nella modifica dell’art. 9? A questo punto potrebbe nascere il sospetto che nel formulare questa modifica si sia voluto per così dire “blindare” ogni possibile forzatura e imposizione a venire. Contigui alla violazione di alcuni articoli costituzionali in materia di salute viene usato lo stesso metro di giudizio, qualsiasi legislazione proposta diverrebbe inattaccabile perché sostenuta da articoli di rango costituzionale. Il quadro non sarebbe completo se non si comprendesse la necessità di questo modo di procedere dell’esecutivo. La circostanza non è casuale, fervono i preparativi per la definizione dei parametri a cui gli stati dell’Europa dovranno assoggettarsi con un programma ambizioso chiamato “Fit for 55”. Bisognerà far ingoiare più di un boccone amaro agli Italiani. È proprio il caso nel quale vengono poste le premesse con cui aggirare e finanche sbeffeggiare la locuzione latina “caesar non est supra grammaticos”. L’interrogativo è: il cesarismo sarà il nuovo metodo di governo? Altra domanda più che lecita: tanto affannarsi per cosa? L’Europa intera produce meno del 10% delle emissioni inquinanti mondiali, l’Italia una quota irrisoria. A sentire Gentiloni l’Europa dovrebbe essere il motore del Green Deal mondiale, il tutto mentre il resto del mondo guarda, il WTO privilegia la circolazione delle merci, anzi, contrasta le norme a tutela dell’ambiente, privilegiando tuttora la dottrina del “paese maggiormente favorito”.* Con queste premesse costringere l’Italia in una camicia di forza che genera costi insostenibili a famiglie e imprese, fa pensare alla dabbenaggine solita delle nostre classi dirigenti, frutto di eccesso di zelo, già mostrato con la cessione della sovranità monetaria, con 20 anni consecutivi di avanzo primario, con l’inserimento del pareggio di bilancio in Costituzione e con la gestione autoritaria della “pandemia”.
* La dottrina del “paese maggiormente favorito” consente agli stati aderenti al WTO-GATT di far riferimento alle legislazioni nazionali più permissive su salute, commercio, proprietà intellettuale, ambiente, sfuggendo in questo modo ad ogni tipo di sanzione.
di Corrado Mezzina