Dopo gli Australian Open 2024, che hanno visto vincitore Jannik Sinner su Danil Medvedev, si è posta per entrambi la questione della loro identità. Se Medvedev ha dovuto scontare il prezzo della propria nazionalità con un’obliterazione della bandiera russa sui teleschermi mondiali, in nome della ineffabile cancel culture, sulle piazze virtuali della penisola si è aperto un altro, ben più italiano, dibattito.
Ma noi quando tifiamo Sinner stiamo anche sostenendo l’Italia? E Sinner tifa Italia quando noi ci scaldiamo per quel rito di massa identitario e collettivo che sono le partite della nazionale di calcio italiana, oppure quatto quatto il nostro campione cela nella fodera della sua giacca una bandiera altrimenti cromaticamente connotata alla maniera del Pippo Franco de Il tifoso, l’arbitro e il calciatore?
C’è chi giura e spergiura sull’italianità del giovane tennista sudtirolese, trasferitosi in giovane età a Bordighera e chi gli rinfaccia la residenza fiscale presso il Principato di Monaco, mentre altri ancora malignano che il suo cuore batta in verità per un’altra ben più germanica Monaco. I tifosi sanno che Jannik è sentimentalmente legato alla sua Sexten dove quando può trova rifugio sulle piste di sci, sport che l’ha visto esordire fino al salto definitivo verso la disciplina tennistica, all’età di tredici anni.
In questo senso Sinner è un sudtirolese idealitipico. Se si eccettuano le frange più etno-nazionaliste, quelle cioè eredi della politica estremista ed austrofila dei Klotz, il sudtirolese di lingua tedesca vive in un territorio che è posto naturalmente a confine con le nazioni transalpine, ma volendo usare la metafora della nazionale di calcio, non ha una fede nazionale esatta ad animarlo. Gli altri land austriaci gli sono ugualmente estranei delle regioni italiane. Tanto a Roma, quanto a Vienna, o ancora più a Monaco, il suditirolese vivrebbe da straniero. La sua heimat è il Tirolo storico di lingua tedesca, e se dovesse considerare un trasferimento dalla valle nella quale è cresciuto in cerca di una più benevola aria di casa (cosa abbastanza rara in verità) si sposterebbe solo a Innsbruck o a Lienz.
Col tempo il sudtirolese ha imparato ad apprezzare i vantaggi giuridici ed economici derivanti dalla sua condizione di cittadino italiano sì, però sotto le specie della provincia autonoma di Bolzano! Merito del trattato internazionale De Gasperi-Gruber firmato il 5 settembre 1946 che tutela le minoranze linguistiche tedesche presenti nel Trentino-Alto Adige. I guadagni non sono solo di natura finanziaria ma anche linguistici e culturali. Attrezzati di una Führerpatent (lessema eminentemente suditirolese, che ibrida originalmente tedesco e italiano e incomprensibile, come molti altri, in Austria o in Germania) provatevi a mettere in moto la vostra macchina e percorrere la Strada statale 49, superare la vecchia dogana oggi guarnita da bandiere italiane e austriache e quindi imboccare la Drautalstraße fino a Lienz, l’ultima città della Val Pusteria e ordinare una pizza o un caffè.
Non solo l’italiano, ma anche il sudtirolese di Sesto Valpusteria, come il nostro Sinner, noterà quanto ottant’anni di coabitazione col Leviatano italico abbiano giovato a rendere il Sudtirolo una regione appetibile e multiculturale. L’italiano ci va per assaggiare un po’ di cultura germanica e il tedesco per assaporare quella italiana, con la comfort zone linguistica garantita per entrambi. Quel clima di ostilità verso il Belpaese, diffusa negli anni ’70 del ventesimo secolo è oggi del tutto svanito.
La faccia pacificata di Jannik, un tirolese di soli ventitré anni estremamente maturo da cui il suo coetaneo italiano potrebbe molto imparare, è lì a dimostrarlo.
Paolo Ciccioli