Ecco il cartellone ufficiale per la Settimana Santa di Siviglia del 2024: opera del pittore Salustiano Garcia, sivigliano e cattolico, che ha preso a modello il figlio Horacio per ritrarre un Cristo Risorto abbastanza d’effetto, più sensuale che bello in senso classico, quasi languido, appena coperto sul sesso da un bianco drappeggio.
Immediate, sui social media spagnoli, le reazioni indignate – ma anche le valutazioni, diciamo, in positivo: finalmente un “Gesù queer”, buono per il prossimo Pride!
L’artista ha replicato, forse con finta ingenuità, “mio figlio è bellissimo, come gli angeli”, incappando così in un’involontaria e inavvertita gaffe teologica – Gesù Cristo sarebbe dunque un angelo?! Lo stesso Horacio si è sentito in dovere d’intervenire, giudicando le polemiche esagerate e ammirando il lavoro paterno.

Al solito, però, i rapidi posizionamenti pro/contro di fan VS hater non colgono il punto, la gravità reale del caso; poiché questa versione di Cristo, come non ha un intento blasfemo-provocatorio puro e semplice, nemmeno è spia di mero ossequio a una certa queerness attuale.
No, la cosa grave è che quest’immagine si allinea del tutto a un’estetica imperante ovunque, facendosi davvero icona della mentalità contemporanea e dei suoi cliché totalizzanti ossia impliciti diktat, testimoniando con ciò l’assimilazione forse definitiva del cattolicesimo e quindi la desolante sparizione di un’estetica cattolica autonoma, portatrice di profondi e articolati significati religiosi.


Questo Cristo, infatti, è dipinto secondo i criteri di un attuale, tipico neo-iperrealismo e neo-manierismo “leccato”, quasi sempre superficialmente sexy e spesso vagamente surreale o shock. Un non-stile diffuso e trasversale, il cui virtuosismo perfezionistico ha come palese unico obiettivo la ricerca d’un effetto emotivo immediato nel pubblico; non-stile rappresentato, in pittura, tanto dal trasgressivo Roberto Ferri quanto dal tradizionalista Giovanni Gasparro, per fare giusto due nomi noti.
Non a caso, un’estetica che “riesce meglio” alle sedicenti Intelligenze Artificiali e ai cosiddetti artisti digitali che se ne servono!


E, ovviamente, questa è anche e soprattutto l’estetica della moda, delle pubblicità, del mondo dello spettacolo, laddove il corpo maschile è quotidianamente sovra-esposto, ultra-sessualizzato, esaltato ormai al pari di quello femminile – e persino di più, giacché l’ideologia progressista adottata dal complesso dei media deve, di rito, deplorare l’oggettificazione della donna, mentre si compiace di esibire in buona coscienza i “manzi”.


Questo mondo, non dimentichiamolo, coinvolge assai pesantemente le nuove generazioni di ragazzi, che si trovano di fronte l’esempio soverchiante della continua, ossessiva competizione, su Instagram e TikTok, tra moltitudini di giovani modelli, nonché giovanissimi aspiranti tali.
Miriadi di semi-robotici auto-prostituti digitali, tutti assai simili, tutti intenti a perfezionarsi ulteriormente (indefinitamente) con creme filtri microchirurgia ecc. – e tutti, chi più chi meno, insicuri della propria avvenenza, anzi del proprio valore come persone, a causa dell’inseguimento forsennato degli standard peggio che irrealistici dell’estetica attuale.

Massimiliano Peroni

One Reply to “L’icona del nostro tempo”

  1. Se, per fare un raffronto, nelle tele di un Caravaggio o negli affreschi di un Michelangelo (o di Murillo o dello Spagnoletto, per indicare alcuni della medesima “area” ispanica) la contemporaneità dei corpi e dei personaggi ritratti è l’involucro che sottende l’idea soteriologica cristiana, qui pare (a mio avviso) di essere in presenza di una rappresentazione fine a se stessa, di una compiaciuta celebrazione iconica del dogma della fluidità di genere, di un’autocelebrazione estetizzante priva di forza evocativa e di simbolismo. Guardo questa immagine e vedo solo (per dirla come l’articolista) un bel “manzo”. Nessuna emozione. Nessuna curiosità. Nessun ricordo. Mia opinione, ovviamente.

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