La notizia riportata nell’immagine mi ha fatto tornare in mente questa frase:

“[…] S.C.U.M. organizzerà dei Seminari di Merda, durante i quali ogni maschio presente terrà un discorso che inizierà con la frase: «Sono una merda, una merda infima e abietta», quindi procederà a elencare tutti i modi in cui lo è. […]”.

Si tratta del famigerato SCUM Manifesto (1967) di Valerie Solanas. SCUM significa “Feccia” in inglese, ma in questo caso è anche acronimo di Society for Cutting Up Men (Società per l’Eliminazione degli Uomini – e l’uso del verbo cut up rimanda significativamente all’evirazione).

Valerie Solanas – chi era costei?
“Scrittrice e commediografa, figura cruciale della controcultura degli anni Sessanta […] icona del femminismo radicale, oggetto di rinnovato interesse da parte dei queer studies”. Così recita, assai rispettosamente, la quarta di copertina del libro che raccoglie tutte (e tre) le sue opere [Trilogia SCUM. Tutti gli scritti, a cura di Stefania Arcara e Deborah Ardilli, VandA Edizioni, 2018], aggiungendo, in coda, “viene solitamente ricordata per aver sparato a Andy Warhol nel 1968”.

Ohibò.

La quarta di copertina omette, comunque, della biografia dell’Eroina: un’infanzia e giovinezza di abusi (qualcuno, forse, però, inventato o esagerato, dato l’atteggiamento di recriminazione misto ad autogiustificazione tipico di Solanas, in questo molto simile alla serial killer Alice Wuornos), la diagnosi di schizofrenia, la vita da senza tetto e prostituta, le ripetute minacce a Warhol (anche dopo avergli sparato con l’intento di ucciderlo) e ad altri uomini, presi di mira in quanto emblemi dell’odio, a lungo maturato, per l’Altro Genere. E la morte in solitudine.

Una figura estrema, insomma. Certo, non priva di pregi, in termini di scrittura satirica eccessiva, d’invettiva e provocazione disperata, e in ciò meritevole d’interesse, al pari di Sade e Artaud, Duvert e Caraco.

Tuttavia bisognerebbe chiedersi per bene come mai una figura a tal punto estrema sia assurta a Santino, almeno negli USA (e presso chi, in Europa, ne segue, con pedanteria acritica, mode e tendenze).

Davvero il destino post-mortem di Valerie Solanas ricorda molto quello di Sade, il cui Caso è stato analizzato a dovere da Riccardo De Benedetti in La chiesa di Sade. Una devozione moderna, Medusa Edizioni, 2008.

Come per il marchese, infatti, l’estrema, l’inassimilabile Solanas è stata eccome assimilata: prima dalla sunnominata Controcultura (gruppi anarchici e femministi espressero contentezza non solo per le sue parole ma anche per i suoi gesti omicidiari); poi dell’Accademia; e infine dal tentativo massiccio, in atto da diversi anni ormai, di creazione di un Nuovo Senso Comune, divulgato da grandi media e istituzioni – che ha appunto condotto, tra le altre cose, alla faccenda odierna dei Gruppi di Autocoscienza Maschile.

Il cerchio si chiude… in attesa di nuovi corsi e ricorsi.

Massimiliano Peroni

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