“Amore ‭ ‬e morte, amore mortale: ‭ ‬se ‭ ‬non ‭ ‬è tutta ‭ ‬la poesia, ‭ ‬è almeno tutto ‭ ‬ciò ‭ ‬che ‭ ‬v‭’ha ‭ ‬di popolare, ‭ ‬di ‭ ‬universalmente ‭ ‬toccante ‭ ‬nelle ‭ ‬nostre ‭ ‬letterature; ‭ ‬nelle ‭ ‬nostre ‭ ‬più‭ ‬vecchie leggende e nelle nostre ‭ ‬più ‭ ‬belle canzoni. ‭ ‬L’amore felice ‭ ‬non ha ‭ ‬storia. ‭ ‬Romanzi ne ‭ ‬ha ‭ ‬dati ‭ ‬solo l’amore‭ mortale, ‭ ‬cioè ‭ ‬l’amore ‭ ‬minacciato ‭ ‬e ‭ ‬condannato ‭ ‬dalla ‭ ‬vita‭ ‬stessa. ‭ ‬Ciò ‭ ‬che ‭ ‬esalta ‭ ‬il ‭ ‬lirismo ‭ ‬occidentale ‭ ‬non è ‭ ‬il piacere ‭ ‬dei ‭ ‬sensi, ‭ ‬né ‭ ‬la pace ‭ ‬feconda della ‭coppia. ‭ ‬È ‭ ‬meno‭ ‬l’amare ‭ ‬soddisfatto ‭ ‬che ‭ ‬la ‭ passione‬ ‭ ‬d’amore. ‭ ‬E ‭ ‬passione‭ ‬significa sofferenza. Ecco il ‭ ‬fatto fondamentale.”


La citazione proviene da L’amore e l’Occidente (1939 [Rizzoli, ora fuori catalogo]) di Denis de Rougemont, intellettuale esistenzialista e personalista cristiano. Libro fondamentale, per comprendere la radice storico-culturale della concezione d’amore tuttora predominante, amore non come relazione più o meno duratura bensì amore-sentimento e/o amore-passione – e di tutti i suoi limiti, problemi, dissesti, disastri.
Al di là del probabile errore storico di far risalire direttamente ed esclusivamente a un’origine catara tale concezione, questo testo mostra che la concezione occidentale dell’amore dal Medioevo in poi è, in sé, una sorta di eresia, o meglio ancora una proto-secolarizzazione e deviazione rispetto alla mentalità e dottrina autenticamente cristiano-cattolica, che celebra il sacramento dell’amore sponsale e in genere lega l’amore concreto dell’uomo per l’altro all’amore per Dio, all’Amore ch’è Dio.
Comunque l’autore corregge il tiro sulle origini, nel seguito, meno noto, Nuove metamorfosi di Tristano (1972 [Ipermedium Libri, 2010]), concentrandosi più che altro sul “mito fondatore” della storia di Tristano & Isotta e sulla letteratura in quanto tale, il medium dove si forma (e si incentiva nell’immaginazione collettiva) tanto l’idea della bellezza tragica dell’amore adulterino (al centro del roman cortese e di seguito, nell’età moderna, nel racconto “di passioni” o “psicologico”) quanto l’idea dell’amore dell’amore cioè l’autoreferenzialità del soggetto amoroso o innamorato, ripiegato sui suoi sentimenti (al centro della poesia lirica dai trovatori ai surrealisti e oltre).


La faccenda interessante è che, nei secoli successivi e fino a oggi, nessun movimento culturale alla moda è stato in grado di metter a fuoco e squadernare la reale problematicità del cosiddetto amore romantico; hanno fallito gli approcci filosofici razionalistici e materialistici così come la psicoanalisi e l’intellighenzia francese radicale degli anni ’30-’70. Nessuna scuola del sospetto, nessuna demistificazione, nessuna decostruzione, per l’amore, al massimo un po’ di riduzionismo scientista, che non dice nulla e nulla cambia.

Anche la lucidità apparentemente più disincantata, anche la cultura più “intelligentemente intelligente” è rimasta in qualche modo intrappolata nel fascino dell’amore infelice, nel fascino dell’infelicità di questo tipo d’amore. Si veda il tremendo (da questo punto di vista) Frammenti di un discorso amoroso (1977 [Einaudi, 2014]) di Roland Barthes, sostanzialmente una coltissima e lunghissima auto-giustificazione anzi una vera e propria apologia del lamentoso innamoramento non corrisposto.
Pur di non sconfessare l’idolo dell’amore, scrittori e pensatori altrimenti sagaci hanno amato a dismisura la natura sciocca del loro amare, si sono crogiolati nella loro tristezza, hanno ritratto come profondi comportamenti ossessivi e viziati, hanno dipinto quali belle trasgressioni condizioni orribili, malsani modi di rapportarsi all’altro, ad esempio la volontà di lasciarsi morire dell’innamorato o la violenza psicologica dell’amante sull’amata. Ancora un passo, e siamo non a caso giunti al panorama odierno delle cosiddette relazioni tossiche, al narcisismo secondo la vulgata psicologistica attuale. Quest’ultima, ovviamente, del tutto inconsapevole della genealogia storico-culturale da me tratteggiata, dunque erogatrice di suggerimenti ingenui, inadeguati se non controproducenti e perniciosi.


Di conseguenza i discorsi culturali dominanti hanno a malapena notato che, nella modernità letteraria, parallelamente alla linea romantica, si era sviluppato l’antidoto della linea romanzesca (nel senso di Cervantes, Sterne, Flaubert, Musil, Kafka, ecc.), inedita trasfigurazione dello spirito comico-realistico nell’ironia attenta e sottile, rivelatrice di illusioni, inganni e auto-inganni della passione, di quelle trappole sentimentali dove tutti noi possiamo cadere, irretiti in quella finzione che già dannò Paolo e Francesca – innamoratisi, alla fin fine, al modo di una Madame Bovary qualunque, solo perché stavano leggendo una convenzionale storia d’amore!
Questa è l’idea di René Girard, debitore e continuatore di Rougemont, nel suo primo, stupendo saggio del 1961 Menzogna romantica e verità romanzesca [Bompiani, 2021], dedicato a questa linea maggiore, ma poco compresa, dell’arte del romanzo. Ed è proprio dal confronto con Dostoevskij, Stendhal, Proust e altri romanzieri che Girard trae la sua celebre teoria del desiderio mimetico, portando altresì alla luce il rapporto, spesso sotterraneo ma sempre decisivo, tra forma-romanzo moderna e forma mentis cristiana.

Infine l’ispirazione di Rougemont e Girard è stata raccolta da Milan Kundera, romanziere-difensore della saggezza del romanzo, lungo tutta la sua opera, in particolare in L’immortalità (1988 [Adelphi, 1989]). Purtroppo la riflessione kunderiana non è stata a sua volta ripresa da parte di eredi e discepoli, forse a causa dell’immaturità collettiva imperante nelle invero senili società occidentali contemporanee, dove le masse (sedicenti intellettuali in prima fila) sono senza sosta infantilizzate e adolescentizzate, ancora e sempre rimbamboccite con infinite menzogne sentimentali (e posticci aggiornamenti in salsa queer, neo-femminista, ecc.) da un sistema di media enormemente più potenti della vecchia, sorpassata letteratura d’un tempo.

Massimiliano Peroni


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