Per me si tratta di vera guerra.
Non una guerra di bombe e proiettili che non ho, non voglio avere e che odio con tutto il mio essere; ma una guerra di parole, una guerra culturale, una battaglia esistenziale in difesa della mia stessa umanità e dell’umanità del genere umano tutto. Sono dunque in guerra non solo perché il mio nome, la mia eredità, la storia della mia famiglia e del mio popolo, tutto ciò che ho considerato bello e dolce durante l’infanzia, la mia umanità, il mio ebraismo… tutto questo è stato dirottato in cambio di un messaggio di brutalità, violenza e odio che non potrei mai accettare neanche fra un miliardo di trilioni di anni.
Per me, che vivo, penso, scrivo come un essere umano questa è una guerra dalle enormi, catastrofiche conseguenze: se perdo – se perdiamo – allora tutto è perduto. Allora nessun bambino, nessuna madre, nessun padre, nessun fratello, nessuna sorella sarà mai più al sicuro. Mai più. Io non tradirò tutte queste persone disertando una tale guerra di idee, anche se loro non sapranno mai neppure chi io sia. Li amo e mi prendo cura di loro lo stesso (e non ho bisogno di un dio per questo: mi basta ciò che sono). Io sono in guerra perché non potrei più convivere con me stesso in un mondo dove ciò che sta accadendo sarebbe legittimo, lecito, persino accettabile. Voi potreste? Potreste convivere con voi stessi nel comfort di una bella casa quando poche strade più in là, o anche a migliaia di chilometri di distanza, dei bambini vengono uccisi a centinaia ogni giorno? Ce la fareste, voi? Se sì, che cosa siete?
Qui non sto meramente scrivendo un post. Per me, e pure per voi, che lo capiate o no, è in corso una lotta concreta, reale, esistenziale. Non fatevi distrarre né confondere. Non chiedete “Ma io cosa posso fare?” Scopritelo, cosa potete fare. Entrate in contatto con altre persone. Unitevi a un movimento. Ve n’è uno vicino a voi di cui magari non avete mai sentito parlare, perché il sistema è stato progettato per separarci. C’è, ve lo giuro. Trovatelo. Prendetevi parte. Gridate con più forza. Andate a protestare e portate con voi altre persone che, senza di voi, forse non avrebbero mai protestato. Siate più forti e risoluti ogni singolo giorno. Questa non è una guerra lontana, che capita una volta e poi finisce. È la nostra casa comune ad essere in gioco. È il nostro futuro, in gioco, e come saranno le cose domani.
Per me, e non m’importa come la vedono gli altri, si tratta di una guerra di valori, di cultura o filosofia: una guerra che avrà conseguenze inimmaginabili per il resto della nostra vita. Dobbiamo tutti farci coraggio e presentarci. Nessuno dovrebbe permettersi di distogliere lo sguardo da un bambino che muore, non importa quanta pressione debba subire per ciò. Perché se lo fate, se distogliete lo sguardo, non sarete mai più padroni del vostro sguardo. Non possiederete più i vostri propri occhi. Passerete il resto dei vostri giorni a guardare il mondo con gli occhi di un robot, o di uno schiavo, e ne sarete consapevoli. La questione, per me, è tutta qua.
Voglio aggiungere un’altra cosa a riguardo del mio crescente senso di allarme e di urgenza relativi a questa campagna: quanto è accaduto dopo il 7 ottobre, ciò che è stato commesso dai rappresentanti israeliani, così come dai sostenitori di Israele in Occidente, non solo non era mai stato realizzato prima ma non fu mai neppure tentato nell’intero corso della nostra vita né di quella della maggior parte dei nostri genitori. Questa volta Israele ha affermato apertamente che i palestinesi meritano l’annientamento collettivo perché non sono persone umane, e quindi non hanno diritto alla protezione che si deve alle persone umane. L’infezione morale che sbomica da frasi come “animali umani” si è riversata dalle fogne politiche più velenose di Israele e si è fatta opinione corrente in Occidente. Israele non è una piccola e remota nazione insulare. Essa siede al centro esatto della coscienza occidentale. È di fatto l’intersezione, la porta che congiunge i paesi europei bianchi col mondo arabo e musulmano. Una simile infezione, una tale marcescenza, in un’area così vitale del sistema nervoso internazionale, è ancora più sinistra, in termini psicologici, degli stessi bombardamenti. È un fatto che dovrebbe riempirci di orrore. Tutti noi, in qualsiasi parte del mondo, dobbiamo muovere una guerra culturale e morale contro questa depravazione, prima che si metastatizzi come un tumore maligno.
Alon Mizrahi
Alon Mizrahi è uno scrittore e pensatore israeliano mizrahì (sefardita), cresciuto a Yokneam, in Galilea. Da bambino e adolescente ha studiato in varie scuole, inclusa una yeshivah, o scuola religiosa tradizionale, a Bnei Brak. Ha svolto molti mestieri e ha studiato lingua e letteratura inglese all’Università di Haifa. Il suo pensiero politico è debitore al trascendentalismo di Emerson, alla poetica di Whitman e alla biografia di Malcolm X. Nel 2020 ha pubblicato per l’editore Locus di Tel Aviv il suo primo saggio, Freedom: A Manifesto (Libertà: un manifesto). Alon gestisce il blog Eastern Oak (https://easternoak.co/).
Il presente testo, tradotto in italiano da Stefano Serafini per gentile concessione dell’Autore, è stato pubblicato in inglese su X e sul suo blog in una prima versione il 15 febbraio 2024 (https://easternoak.co/this-is-my-war/).